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Attualità

Ania e il valore della sicurezza

Redazione | 20 Luglio 2023

L’Associazione nazionale delle imprese assicurative: “La capacità di previsione e riduzione dei rischi è nel nostro stesso DNA”

Assicurarsi conviene. E non sempre abbiamo consapevolezza delle coperture offerte dalle diverse forme di protezione che attiviamo nella nostra vita. Qualche numero serve per rendersene conto: in un’ora in Italia si fanno 219 denunce nella RC auto, e si risarciscono somme per circa un milione di euro. Ogni ora!

Con la stessa unità di tempo – cioè nell’arco medio di sessanta minuti – si denunciano 33 infortuni e si risarciscono poco più di 156mila euro. Vuol dire poco meno di 4 milioni nell’arco di 24 ore.

E ancora, 32 denunce di incendio con circa 200mila euro risarciti ogni ora. O più di 1200 denunce per malattia (sempre in un’ora) con oltre 300mila di importi risarciti.

Italia e assicurazione

L’Ania, l’Associazione nazionale delle imprese assicurative, ha messo in fila alcune di queste cifre e l’effetto è inatteso. Sia per la frequenza dei problemi che si manifestano sia per la quantità di risorse messe in campo per lenire le difficoltà che si presentano.

Nonostante queste certezze, in Italia è ancora forte il problema della sottoassicurazione. Anche perché, forse, non se ne percepisce sempre la vantaggiosa pervasività.

“L’incidenza dei premi danni non auto sul PIL è ancora pari all’1,1%, rispetto alla media europea del 2,3%”, ha ricordato la presidenteAnia MariaBiancaFarina, all’ultima assemblea annuale dell’Associazione.

“Portare questi dati a valori confrontabili con gli altri Paesi sviluppati significa rimuovere un punto di debolezza e fragilità delle nostre famiglie e imprese e, dunque, dell’economia italiana nel suo complesso. Quanto al 2023, il primo trimestre ha confermato l’evoluzione positiva dei premi danni non auto, in aumento dell’11,4% rispetto allo stesso periodo del 2022”.

Un’epoca di incertezza

Viviamo sempre di più nel tempo del rischio e dell’incertezza. La guerra nel cuore dell’Europa continua da un anno e mezzo. E con le sue scie di sangue e di distruzione si sono aggiunti fattori di rischio economico e sociale con cui stiamo convivendo nostro malgrado: la crisi energetica, l’aumento dei prezzi, la difficoltà di reperire sul mercato molte di quelle forniture che davamo per scontate.

Se a queste condizioni determinate da fattori squisitamente umani – la guerra è una tragedia, ma non una catastrofe naturale – aggiungiamo un contesto planetario di profondo mutamento – dal cambiamento climatico alla crisi demografica (soprattutto nei Paesi occidentali) – possiamo dire che il rischio e l’incertezza sono e resteranno le condizioni normali del nostro tempo. E del nostro Paese, soprattutto.

La fragilità del Bel Paese

Ai rischi e alle incertezze del mondo globale, in Italia si aggiungono alcuni fattori di fragilità specifica. Il nostro Paese è ad alta sismicità (il 40% delle abitazioni è costruito in aree dove è possibile un terremoto di medio-grande intensità) e sottoposto a molti fattori di instabilità idrogeologica (il 95% dei Comuni italiani è esposto a rischio frane, alluvioni o erosione costiera).

Molti rischi, crescente bisogno di protezione. E necessità di vivere, programmare, investire, nonostante tutte queste incertezze. “Anche perché, diciamocelo, alcune cose possiamo prevederle molto bene. E chiamano direttamente in causa, insieme agli equilibri della società italiana, la nostra stessa responsabilità. Quali sono le cose riguardo al futuro che conosciamo già, le certezze nell’incertezza?”, si è domandata la presidente Farina.

La risposta è fatta di due fattori fondamentali: il cambiamento climatico, con il suo carico aggiuntivo di potenziali catastrofi naturali. E l’emergenza demografica che all’invecchiamento della popolazione associa una progressiva denatalità, che vuol dire nubi nere sulla crescita dell’economia e sulle previsioni di welfare.

Rischi del cambiamento climatico

Ci sono certezze nell’incertezza. Il cambiamento climatico non è più semplicemente un rischio, ma una realtà. Basta pensare alle tragiche inondazioni che hanno colpito l’Emilia Romagna qualche settimana fa. Può qualcuno ancora rifugiarsi dietro l’idea che sia solo sfortuna, che sia un caso, quando il cambiamento climatico diventa ogni anno sempre più tangibile e il dissesto idrogeologico o il consumo del suolo si impongono come priorità da affrontare?

Ci vuole un’adeguata protezione assicurativa. Il costo di una catastrofe non dipende solo dalla gravità dei danni iniziali, ma anche da quanto velocemente può essere completata la ricostruzione. E qui noi italiani non siamo certo all’avanguardia in Europa.

Se si includono anche i terremoti, la quota di danni assicurati in Italia non supera oggi il 14% del totale: è di gran lunga il dato più basso fra i principali Paesi europei.

C’è poi almeno una seconda certezza che produce apparenti incertezze, nell’Italia di oggi. Il numero di persone oltre gli 80 anni crescerà dagli attuali 4 milioni a circa 5,5 milioni tra vent’anni (+37%) e a circa 7 milioni dopo un ulteriore quarto di secolo (+75%). Già oggi la spesa totale privata per integrare prestazioni pubbliche come le pensioni, la sanità e l’assistenza supera i 100 miliardi.

Questa spesa delle famiglie, per il 46% è destinata alla salute e per il 34% all’assistenza per le persone non autosufficienti. E soprattutto, dato quello che sappiamo del debito pubblico, della pressione fiscale e della demografia italiana, questa spesa non potrà che crescere.

“Il caposaldo è che all’Italia oggi serve un modello di welfare innovativo che possa integrare nel modo più equo ed efficiente l’uso di risorse pubbliche e private”, commenta Farina.

Le compagnie assicurative assumono un ruolo centrale perché hanno un patrimonio di dati e know how da sempre gestito nel massimo rispetto della privacy. E soprattutto perché la capacità di previsione e riduzione dei rischi è nel loro DNA.

L’obiettivo è mutualizzare i rischi, perché diventino sopportabili e gestibili.

“L’Italia ha bisogno di protezione dai rischi, coesione, conciliazione, ripresa demografica, certezze in campo di assistenza sanitaria. Le sfide aumentano, il debito pubblico è elevato. Programmare il futuro è il nostro mestiere e sono certa sia possibile trovare formule attraverso cui possiamo metterci al servizio del Paese. Per questo vorrei dire alle Autorità, al Governo che noi ci siamo”, conclude la presidente Farina.