Quali risultati positivi possono nascere dall’incontro tra medicina integrata e medicina di famiglia? Ne parliamo con la dottoressa Tiziana Semplici, medico di famiglia, specialista in malattie dell’apparato digerente, una pluriennale esperienza nell’ambito delle terapie complementari.
Cos’è la ‘medicina integrata’
Dottoressa Semplici, il tema è quando la medicina integrata incontra la medicina di famiglia. Ma cosa s’intende per medicina integrata?
“L’approccio terapeutico che si può affiancare all’approccio di tipo allopatico, alle volte può anche sostituirlo. La medicina integrata ci permette di mettere in campo approcci legati alla correzione del sistema immunitario, di eventi acuti o patologie croniche o riattivative di qualsiasi genere. Quindi parliamo di low dose medicine, ma anche omeopatia, agopuntura, trattamenti osteopatici e correttivi sull’assetto posturale e così via”.
Qual è l’aspetto più interessante – per usare un termine non scientifico, ma che rende l’idea – della medicina integrata?
“Il fatto che faccia perno su una visione globale del paziente. Quest’ultimo pensa al medico di famiglia come al professionista cui rivolgersi quando ha una patologia: ‘Mi dà un farmaco e risolve il problema’. L’approccio del medico di famiglia che si occupa di medicina integrata è lo stesso del medico di famiglia di una volta, tradizionale figura ormai, purtroppo, tramontata. Una scomparsa dovuta a molti fattori, tra cui la richiesta, da parte dei pazienti, ma anche della società, di rimettere in moto velocemente l’ammalato. Noi che ci occupiamo anche di medicina integrata, invece, non abbiamo perso di vista il concetto di prevenzione”.
In che senso prevenire
Cosa intende quando parla di prevenzione?
“La prevenzione non dev’essere vista, a mio parere, come il ‘faccio tanti esami clinici per individuare la patologia’, quanto con il consigliare alle persone i migliori stili di vita, incluse alimentazione, attività fisica, salute mentale, socialità e così via. Prevenire non significa solo fare la colonscopia dopo i cinquant’anni, la mammografia, l’ecografia e così via.
La prevenzione è chiedersi che impatto abbia la mia vita, il mio stile di vita, sulla mia salute. Vero che la prevenzione può avere un costo, da questo punto di vista. Ma è un costo più legato alle scelte del paziente che qualcosa che pesa sul Servizio Sanitario Nazionale. Sul SSN pesano di più, come costi, le patologie croniche che intervengono dopo una certa età, dopo che il paziente magari si è comportato in maniera ‘scorretta’ per tutta la sua esistenza”.
Quindi il vero lavoro sarebbe da fare sul paziente?
“Direi di sì. Sarebbe fondamentale una sorta di rieducazione del paziente che va dal medico di famiglia. Io non curo il paziente con ‘altre cose’, ma instauro un rapporto con il paziente che mi deve permettere di conoscerlo. Dopodiché decideremo il da farsi. Questa è la chiave.
Tutti i medici curano le polmoniti con l’antibiotico, le crisi allergiche con il cortisone e così via. Non stiamo facendo la guerra tra chi cura cosa e con che cosa. Si tratta di capire e individuare quante frecce io abbia nel mio arco per gestire e curare i pazienti e farli stare bene dal loro punto di vista.
Sapere che il medico di famiglia si occupa anche di altro e grazie a studi ulteriori dopo la laurea è in grado di aprire altre finestre di conoscenza credo sia un valore aggiunto per tutti. In primo luogo per il paziente, in secondo per il SSN, terzo per il rapporto medico-paziente. Se si stabilisce quest’approccio i pazienti non vanno dal medico solo perché sono malati, ma perché è nato un rapporto di conoscenza”.
Conoscenze e strumenti della medicina integrata
A proposito di conoscenze, quali utilizza il medico che si occupa anche di medicina integrata?
“Le stesse della medicina allopatica. Sono gli stessi mezzi di conoscenza che adotta anche la medicina convenzionale: esami del sangue, controlli radiologici, endoscopici etc. quando necessari, e così via. Non usiamo altre metodologie o il pendolino… Come detto, apriamo più finestre, ma sempre con gli strumenti medici”.
Sempre parlando di strumenti e conoscenze, negli ultimi anni abbiamo assistito, causa pandemia, a un’esplosione del discorso sul sistema immunitario.
“Tema quest’ultimo che peraltro mi sta a cuore in maniera particolare. Dal 2020 l’espressione ‘sistema immunitario’ fa parte ormai del linguaggio comune, specie dei pazienti. Da un certo punto in poi tutti si sono scoperti immunologi. Il sistema immunitario è uno, ma le cose che lo possono aggredire sono tante. Nella mia esperienza c’è sempre l’idea di conservare in buono stato il sistema immunitario. E ho cercato anche, con successo, di misurarlo attraverso un test specifico. Bisogna imparare a ‘leggerlo’ non solo nel momento della malattia, ma in ogni momento. Quando io medico ho questo strumento, questa conoscenza, allora ho un’ulteriore freccia nel mio arco per curare i pazienti”.
Diffidenza verso la medicina integrata
Riassumendo, quali i punti cardine del dialogo tra medicina integrata e medicina di famiglia?
“Conoscenza del paziente. Consapevolezza che spesso gli strumenti d’indagine sono gli stessi in entrambe gli ambiti. Consapevolezza che i risultati vanno ‘letti’, e le terapie modulate ad personam. Sempre tenendo conto sia dell’alimentazione sia dell’attuale scenario socio-economico, oggi particolarmente importante. Noi medici dobbiamo essere molto precisi su cosa diamo e su cosa facciamo spendere al paziente”.
C’è ancora diffidenza nei confronti della medicina integrata?
“Più ignoranza che diffidenza. Ai miei pazienti, la prima volta, dico che mi occupo anche di medicina integrata. Spiego loro di cosa si tratta in maniera ben chiara, e sottolineo che questo è anche il mio bagaglio di conoscenza. Bisogna parlare e divulgare questi temi. Non posso tollerare il paziente che viene da me e mi dice ‘Io ho questo… lo so perché l’ho letto sul Web’. Oggi abbiamo anche il professor Internet e il dottor Google, e questo è un grosso problema”.