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Omeoimprese Visto n. 28 2021

Attualità

Omeoimprese: effetti delle cure omeopatiche sui malati di tumore

Redazione | 2 Luglio 2021

Utilizzata sempre più spesso, la medicina omeopatica non serve solo a curare patologie, ma può diventare un valido aiuto a […]

Utilizzata sempre più spesso, la medicina omeopatica non serve solo a curare patologie, ma può diventare un valido aiuto a latere nel trattamento dei tumori. Ovviamente, la somministrazione di farmaci omeopatici non cura la malattia, ma fa sì che gli effetti collaterali delle cure – spesso invasive – siano meno forti nei pazienti che vi devono ricorrere. Sempre sotto indicazione dei medici specialisti.

Negli ultimi anni, in particolare, è sempre più elevato il numero dei pazienti oncologici in trattamento di chemioterapia e radioterapia che affiancano alle cure convenzionali la terapia omeopatica. Non solo per diminuire gli effetti collaterali, ma anche per avere una migliore reazione alle cure stesse.

La parola agli esperti del settore

Lo sa bene il dottor Alberto Laffranchi, che lavora all’Istituto dei Tumori di Milano.

“Va premesso che in Italia questo tipo di terapie sono solo terapie a pagamento. Dunque non vengono offerte dal Servizio sanitario nazionale. Qualsiasi trattamento di questa natura, dunque, è una libera scelta del paziente, ad eccezione che nella Regione Toscana. Questo è fondamentale. All’ospedale di Merano, poi, c’è un reparto di medicina complementare convenzionato.

I protocolli di medicina integrata, dunque, vanno scelti in maniera autonoma e indipendente dal medico, sulla base della propria esperienza e della propria formazione. Per quanto riguarda la mia esperienza, io seguo il protocollo francese ideato dal professor Jean Claude Karp. Si tratta di un affiancamento della medicina omeopatica all’oncologia”.

Insieme a lui, anche la dottoressa Simonetta Bernardini è una fautrice della terapia integrata. Medico pediatra che esercita a Firenze, in passato ha lavorato all’ospedale di Pitigliano.

“Per il malato oncologico la terapia complementare è molto utile: interviene aumentando le possibilità che ha il paziente di curarsi. Il malato così viene accolto anche dall’omeopata che con lui ha un approccio olistico, cioè completo. Non pensa solo alla malattia, ma anche agli aspetti psico-comportamentali legati alla presenza della malattia”.

Pazienti e medicina alternativa

Quanti dei pazienti oncologici vi si affidano?

Laffranchi: “Dai sondaggi che abbiamo fatto, sia all’interno dell’Istituto che fuori si attesta una percentuale vicina al 50 percento. Le donne sono più numerose, oggi come vent’anni fa. All’Istituto dei Tumori abbiamo costituito il gruppo delle terapie complementari nel 1998, e nel 2008 è stato ufficializzato. In quell’anno abbiamo vinto il premio nazionale Tiziano Terzani per l’umanizzazione della medicina”.

Bernardini: “L’attenzione nei confronti di queste terapie da parte dei pazienti è molto alta. Già da anni molti fanno questo tipo di scelta consapevole. La medicina convenzionale vede un solo aspetto. Le terapie integrate al contrario si prendono cura di tutte le problematiche connesse alla malattia. E anche nella mia esperienza la maggioranza di coloro che scelgono la medicina complementare è rappresentata da donne”.

Quali aiuti per i pazienti

In che modo le terapie complementari aiutano i pazienti?

Laffranchi: “Favorendo la riduzione degli effetti collaterali delle terapie oncologiche in senso stretto. Non solo di chemioterapia e radioterapia, ma anche degli interventi chirurgici. Al di là dei dolori tipici ci sono delle complicazioni tipiche. Penso alle ipofunzioni intestinali, alle paresi temporanee. Con i farmaci omeopatici viene stimolata la peristalsi, solo per fare un esempio specifico, in caso di intervento intestinale.

Più in generale, l’omeopatia favorisce la riduzione dei dolori e garantisce che il risveglio dopo l’anestesia sia sicuramente migliore, con maggiore lucidità da parte del paziente. Infine, favoriscono un recupero più veloce in caso di secrezioni. Vanno sempre usati farmaci diversi: l’omeopatia è molto precisa. Per cui il farmaco che drena il linfatico non è quello che toglie il dolore. O che favorisce la cicatrizzazione.

Così si possono scegliere farmaci diversi ma combinati. Ovviamente il medico che sceglie i farmaci deve quindi conoscere sia l’oncologia che l’omeopatia”.

Bernardini: “L’omeopatia aumenta le difese immunitarie del paziente oncologico, facendo sì che tutti gli effetti avversi delle terapie antitumorali convenzionali come nausea, insonnia, depressione, ansia, astenia e vampate di calore siano più moderati, se non assenti. A livello intestinale, ma anche in generale, tutti gli effetti collaterali scatenati dalla chemio e dalla radioterapia come per esempio l’arrossamento della cute, possono essere mitigati e curati”.

Le resistenze interne al settore

Perché dunque ci sono ancora delle forti resistenze all’approccio integrato da parte di molti vostri colleghi?

Bernardini: “Molti colleghi oncologi non ne vogliono sapere. Altri invece, decisamente più aperti, dopo aver sperimentato i benefici della terapia complementare sono favorevoli a costruire un percorso utile ai loro pazienti.

L’omeopatia non è avversa alla medicina tradizionale, ma la integra riuscendo ad intervenire su molti effetti collaterali importanti. Anche se è sempre il paziente a scegliere, è necessario che siano i medici a stabilire quali farmaci somministrare. In quest’ottica la collaborazione è ancora più determinante”.

Laffranchi: “I medici scettici dovrebbero capire che tutti i tipi di tumori possono essere trattati con il protocollo di cura integrato. Non perché questo curi la malattia, ma perché aiutando a ridurre gli effetti collaterali delle terapie, migliorano la qualità della vita dei pazienti. Quando un chemioterapista esegue la terapia, dà i farmaci oncologici e poi suggerisce una serie di farmaci da utilizzare in caso di bisogno: da prendere solo in caso di sintomi. Penso alla febbre, alla nausea. Ecco: questi possono essere sostituiti dai farmaci omeopatici, che non avranno gli effetti collaterali dei farmaci convenzionali.

Il paracetamolo, da prendere in caso di febbre o dolori articolari, se assunto in dosi eccessive può avere un effetto epatotossico. Sostituendo i farmaci di supporto convenzionali con efficaci alternative omeopatiche, prive di effetti collaterali, migliora la qualità di vita del paziente”.

Omeopatia efficace: uno studio conferma

a cura di Giovanni Gorga, presidente di Omeoimprese

Una recente ricerca pubblicata su The American Journal of Public Health, la più importante rivista medico-scientifica sulla salute pubblica negli Stati Uniti, conferma il significativo ruolo che la Medicina Omeopatica svolge per la Salute Pubblica.

Da un’indagine condotta da ricercatori dalla Harvard School of Public Health e del Beth Israel Deaconess Medical Center, ospedale affiliato alla Harvard Medical School, è emerso che l’uso della medicina omeopatica comporta benefici. In particolare, nella riduzione dell’uso di antibiotici inutili.

Non solo: è evidente un miglioramento nella depressione peri-menopausa e delle condizioni sanitarie in individui affetti da malattie croniche.

Lo studio sottolinea anche come l’utilizzo dei medicinali omeopatici riduca i costi per il trattamento di alcune malattie respiratorie. E se sono le persone più istruite a rappresentare il gruppo sociale maggiormente propenso a usare medicinali omeopatici per il loro percorso di salute, emerge che le patologie più comuni per le quali le persone hanno seguito trattamenti con medicinali omeopatici sono i disturbi respiratori, orecchio-naso e gola e le sindromi dolorose muscolo-scheletriche.

Ritengo che ricerche e indagini come questa siano sempre più importanti per la diffusione della cultura della medicina non tradizionale.

Attraverso un sostegno scientifico sarà infatti più semplice coinvolgere un numero sempre più alto di pazienti, che individueranno nell’omeopatia un valido sostegno.