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Attualità | Fiction

Amore e Psiche di Barbara Fabbroni: Ambra Angiolini racconta la bulimia

Redazione | 26 Novembre 2020

Ambra Angiolini, in libreria con il romanzo InFame pubblicato da Rizzoli, ripercorre la sua lunga lotta vittoriosa contro la bulimia. […]

Ambra Angiolini, in libreria con il romanzo InFame pubblicato da Rizzoli, ripercorre la sua lunga lotta vittoriosa contro la bulimia.

La vedremo a partire dal 27 novembre nella fiction di Canale 5 Il silenzio dell’acqua 2, insieme a Giorgio Pasotti. Ma non è questo l’unico motivo per cui Ambra Angiolini in questi giorni è uno dei personaggi di cui più si parla.

È anche a causa del libro che ha pubblicato pochi giorni fa, InFame, dove all’interno delle 224 pagine narra il suo incontro e la sua esperienza all’interno del difficile mondo della bulimia.

InFame, edito da Rizzoli, è un’autobiografia toccante, cruda, profonda, intensa. Ambra ripercorre il suo doloroso passato e il difficile rapporto con il cibo.

L’attrice non ha mai negato di aver sofferto di bulimia. Un’esperienza che è stata per molto tempo una compagna fedele che ha lasciato una traccia significativa nella sua anima. Ne ha delimitato i confini, le relazioni, la vita nel mondo, gli amori, gestendo in maniera rigida il suo umore, la voglia di sprofondare all’interno del cibo e il bisogno di liberarsi subito del troppo pieno per non sentire la lama tagliente dei sensi di colpa.

La bulimia ha lasciato cicatrici indelebili sulla sua anima, anche se poi la nascita dei figli Jolanda e Leonardo, avuti dall’ ex compagno Francesco Renga, hanno addolcito e levigato un po’ la traccia del dolore.

Un grande vuoto da colmare

Ambra non ha paura di raccontare fino in fondo, nella sua biografia, il suo viatico imbevuto di lacrime, cibo, vomito, varichina e spray per camuffare l’odore acido dei succhi gastrici, come se in questo girotondo si dipanassero le sue emozioni in conflitto. Tanto che a Verissimo ha dichiarato: “Ho sempre cercato di fare male a me stessa”. Una lotta che si esprimeva nel suo corpo, teatro e platea della guerra.

Il libro quindi è la narrazione precisa di ogni passo verso l’uscita dal tunnel. Il dramma che si cela dietro a un disturbo alimentare emerge sin da subito: “Cosa voglio di più? Io non voglio niente. Però tutto il niente del mondo perché anche del nulla ho fame. Una fame insaziabile, una voragine che non riposa mai”.

È quel niente che costantemente viene riempito e poi svuotato che urla incessante una fame insaziabile. Perché è fuor di dubbio che dietro ogni disturbo alimentare ci sia un bisogno di essere amata e riconosciuta. È un bisogno antico mai nutrito, che poi trova una modalità ulteriore, quella dell’eccesso di cibo ad esempio, per non sentire la voragine del vuoto che quella mancanza d’amore ha creato.

Eppure, nella testa c’è solo una domanda: “Devo guarire? Ah sì?! E da che cosa? Perché nessuno lo dice chiaramente! Guardate che posso non farlo se voglio. Ci sono momenti nei quali sento di poter controllare il disturbo, ma ho bisogno di essere felice! Nulla è all’altezza di quei pochi minuti di delirio alimentare, scrive Ambra.

È nel delirio alimentare, nel vortice stordente, che tutto il cibo del mondo diventa l’ancora di salvezza dove si gioca la partita tra il vuoto e il pieno, tra la mancanza e l’abbondanza, tra l’esserci esattamente come sono oppure come tu mi vuoi.

Ma tu come mi vuoi? Perché io ancora non riesco a capirlo. Così faccio di tutto, ma il tutto è nulla, sembra l’altalena di pensieri che viaggiano nell’anima della bulimia. Il vuoto in Ambra riaffiora costantemente, nonostante gli sforzi per non ricadere nel circolo vizioso abbuffata ed eliminazione del peccato.

Un racconto senza censure

“Io non voglio niente. Però tutto il niente del mondo perché anche del nulla ho fame, una fame insaziabile, una voragine che non riposa mai”, scrive la Angiolini.

Si tratta dello stesso vuoto raccontato da Fabiola de Clerq in Fame d’amore. Un libro e un’esperienza manifesto di questo itinerante mondo all’interno della giostra del disturbo alimentare. Così Ambra, come Fabiola, non teme il giudizio e racconta, narra senza censure.

Già di per sé il disturbo alimentare è il mezzo per espiare la colpa. Sono le relazioni autentiche che aiuteranno il difficile cammino verso la cura. Il bisogno reale infatti è quello di nutrire la mancanza, ed il cibo diventa solo un surrogato.

Empatia e ascolto sono i pilastri su cui i sentimenti vengono messi al centro, dove è possibile ipotizzare una via d’uscita dalla dipendenza per poter tornare a vivere. Perché altrimenti il rischio, come dichiara anche Ambra, è quello “di fare male a me stessa e mai agli altri. Mangiare era il modo di sfogare la mia incapacità di chiedere aiuto”.

Così il corpo diventa ostaggio di un comportamento che solo all’inizio appare nutritivo. Ma poi grida il suo urlo disperato: “Dovrei dargli un po’ di vantaggio al mio urlare, farlo partire almeno dal petto, che comunque è un bel posto che protegge il cuore. Ecco, per una volta potrei chiedere al cuore di urlare per me?”. Ma è un urlo silenzioso, che si reclina all’interno di sé.

Non c’è via che si intravede. Tutto si offusca. Così, “dopo aver fatto il pieno di ‘amorealimentare’, mi metto davanti allo specchio e comincio a ridere dallo schifo che vedo. Sono gonfia, la pelle è in Lombardia e gli organi in Puglia, in mezzo tossine di ogni genere come una specie di barca traghetta-profughi senza approdo. (…) Passo i giorni dormendo, bevendo litri di acqua e pesandomi ogni due ore. So benissimo che il problema non sono i chili di tossine accumulate, ma il peso dell’anima vuota. E proprio non capisco come qualcosa di rarefatto possa trasformarmi concretamente in un essere DIVERSO da tutti”.

Come affrontare la guerra

Che cosa fare di fronte e dentro a questo disastro con sé stesse? Come affrontare questo momento per dichiarare finita la guerra tra sé stesse e la propria anima? La fame d’amore troverà mai il suo nutrimento liberando finalmente il corpo dall’ostaggio del cibo?

La strada è lunga, impervia, dolorosa. Ma Ambra ci insegna che il percorso è possibile. Basta essere convinte di guarire perché: “Io voglio guarire”, scrive.

Il lieto fine è possibile, arriva la prima figlia Jolanda, e il mondo si colora ancora una volta, si nutre di cibo buono e soddisfacente: “Lei ha fatto in modo che la mia pancia diventasse improvvisamente il posto più accogliente e pieno della terra. In un momento in cui mai avrei voluto che accadesse, me la son dovuta portare dentro per nove mesi finché non è uscito il mio miracolo più bello”. A questo miracolo se n’è aggiunto un altro ancora: il secondo figlio Leonardo.

Nei disturbi alimentari, così come nella vita, non esiste un finale uguale per tutti. Il finale è sempre aperto, perché ogni persona è unica.

“Se anche la morte è uguale per tutti solo nella forma e mai nella sostanza, figuriamoci una soluzione per una guarigione come questa. Quella malattia che torna da dove è venuta, lascia di sé soltanto il modo di amare che sarà per sempre InFame ma con la conquista del senso di sazietà previa digestione. InFame sono io. La pratica, quella invece non esiste più. L’ho sostituita con l’aMore della mia vita, alla quale poi è seguito subito dopo un altro aMore della mia vita… In tutte e due i casi la emme è a forma di cuore ovvia- mente… Il culo invece, rileggendo tutta questa storia, più che altro me lo sono fatto!”, scrive Ambra quasi a conclusione del suo libro.

Ora l’attrice è felice insieme al nuovo compagno Massimiliano Allegri. L’amore è fondamentale affinché la trasformazione, la cura, l’equilibrio siano i pilastri portanti del nuovo viatico, della propria rinascita.

Il libro di Ambra Angiolini è da leggere, assaporare, gustare come il cibo più prelibato che si possa desiderare, poiché lì c’è un possibile itinerario da percorrere per riprendere in mano la propria vita nonostante la caduta libera nel disturbo alimentare.